la vita e le opere di Sant’Ignazio di Loyola

Per poter apprezzare la visita alla chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma è necessario conoscere la vita del santo a cui è dedicata. La storia eccezionale di come il giovane ambizioso Íñigo, uomo d’arme e di mondo, attraverso una profonda crisi esistenziale cambia totalmente vita fino a diventare sant’Ignazio, il fondatore di uno degli ordini religiosi più influenti nella storia della Chiesa Cattolica.

È una storia lunga, ma sicuramente avvincente, che qui verrà raccontata con il giusto senso critico per capire seriamente l’origine di certi fenomeni.

Questi i paragrafi di questo lungo articolo di approfondimento sulla vita e sulle opere di sant’Ignazio di Loyola:

  1. La vita di Sant’Ignazio
  2. Il racconto del Pellegrino (free Pdf)
  3. Sant’Ignazio in 8 video di padre Hernandez
  4. I film su Ignazio di Loyola
  5. La visita alla chiesa di Sant’Ignazio a Roma

 

Su Ignazio di Loyola è stato scritto moltissimo e la sua vita è molto ben documentata, comunque in questa pagina prenderò come fonte principale proprio “Il racconto del Pellegrino”, l’autobiografia che Ignazio dettò ai suoi collaboratori alla fine della sua vita. Le frasi in corsivo citate fra virgolette vengono da quella sua autobiografia, e sono molto significative perché è ciò che Ignazio ha raccontato direttamente di se stesso e della sua vita.

Se questo articolo ti sembra troppo lungo e preferisci un racconto della vita in file audio vedi anche la pagina sulle audioguide gratuite su Sant’Ignazio di Loyola.

 

1. La vita di sant’Ignazio

Ignazio di Loyola è il nome che il santo fondatore della Compagnia di Gesù (i Gesuiti) sceglierà per se nella seconda parte della sua vita, ma lui nasce con il nome di Iñigo López de Oñaz y Loyola nel nord della Spagna alla fine del XVI secolo.

Per capire la vita di sant’Ignazio è necessario inquadrare il periodo storico in cui nasce il giovane Iñigo.

 

periodo storico

Iñigo nasce nel 1491, quindi un anno prima della scoperta delle Americhe da parte di Cristoforo Colombo: evento cruciale nella storia europea, che darà il via ad una nuova era di esplorazioni e contatti tra l’Europa e il Nuovo Mondo, segnerà l’inizio dell’espansione coloniale europea e della diffusione della cultura e della religione occidentale. Un evento talmente significativo da essere preso da molti storici come uno dei due possibili momenti di passaggio dal medioevo all’età moderna (l’altro evento chiave solitamente indicato come passaggio simbolico è la caduta di Costantinopoli nel 1453, fine dell’Impero Romano d’Oriente).

Per l’uomo del medioevo scoprire che “c’era un altro mondo” fu un enorme cambiamento che sconvolse e trasformò il mondo, in un periodo in cui la cultura stava riscoprendo la storia dell’antichità: cambiava la percezione del mondo, e di conseguenza cambiava l’idea dell’uomo. L’identità umana non era più necessariamente legata alla relazione con Dio, e di conseguenza la Chiesa era in una fase di crisi e trasformazione: troppi ecclesiastici erano guidati dal desiderio di potere, i fedeli progressivamente si disaffezionavano, e si sentiva necessità di riforme sostanziali. La Riforma protestante di Martin Lutero inizierà poco più di vent’anni dopo: nel 1517.

Sempre in quel periodo la Spagna, la nazione dove nasce Ignazio-Iñigo, stava vivendo una fase cruciale della sua storia: i Re Cattolici, Ferdinando II d’Aragona e Isabella I di Castiglia, nel gennaio del 1492 completavano la Reconquista con la conquista di Granada, l’ultimo baluardo musulmano nella penisola iberica. Quindi la “Spagna” come la conosciamo noi oggi era sostanzialmente appena nata, dall’unione del regno di Aragona e di Castiglia, a cui poi si aggiunse la Navarra. Questo consolidamento del potere spagnolo portò a una maggiore unificazione e centralizzazione dello Stato. Sempre in Spagna l’Inquisizione, istituita nel 1478, continuava a esercitare una forte influenza sulla vita religiosa e sociale del paese, con l’obiettivo di mantenere l’ortodossia cattolica.

In Italia, Leonardo da Vinci era nel pieno della sua carriera artistica e scientifica, mentre in Germania, Martin Lutero, nato nel 1483, avrebbe presto iniziato il movimento della Riforma Protestante, che avrebbe scosso profondamente l’Europa cristiana.

Il periodo storico in cui Ignazio viene al mondo è dunque un’epoca di grande fervore religioso, esplorazioni audaci e cambiamenti sociopolitici significativi. Un tempo in cui un giovane determinato, capace e ambizioso può realizzare molto nella vita.

 

infanzia e gioventù di Iñigo

Iñigo López de Oñaz y Loyola nacque nel 1491 a Loyola, piccola frazione del comune di Azpeitia, nella provincia basca di Guipúzcoa (mappa). Era il più giovane di 13 fratelli (8 maschi e 5 femmine) in una famiglia di nobiltà rurale, la Casa de Loyola, che vantava una lunga tradizione di servizio alla monarchia. Il padre di Iñigo era Beltrán Ibáñez de Loyola, era nato nel 1439 ed era stato fedele soldato dei re cattolici: nel processo di riunificazione accennato prima guidò l’assedio e la conquista di diverse città nel nord della Spagna, e per questi servigi venne ricompensato da re Ferdinando il Cattolico. La madre, Marina Sáenz de Licona y Balda, proveniva da una famiglia della corte del re di Castiglia: suo padre era stato consigliere dei Re cattolici.

Ma anche se la famiglia aveva possibilità decisamente superiori alla media il giovane Iñigo era pur sempre l’ultimo di tanti fratelli: sin da giovane fu quindi destinato a una carriera militare e una vita di avventure. Per sistemarlo in qualche modo e dargli una qualche educazione il padre riuscì a mandarlo a servizio come aiutante presso Juan Velázquez de Cuéllar, tesoriere della Corona di Castiglia ed esecutore testamentario dei Re cattolici: era una realtà importante, perché era il “Ministro delle Finanze” (per dirla in termini moderni) di quella che stava diventando la prima potenza mondiale. In quella realtà Iñigo impara le buone maniere, impara a leggere e a scrivere, ma soprattutto capisce in cosa consiste il potere e impara a comportarsi per avere successo nella vita mondana. Vita da cui è fortemente attratto.

 

carriera militare e assedio di Pamplona

Iñigo rimase in casa di Velázquez per undici anni, fino al 1517, poi a 26 anni si arruolò nell’esercito al servizio del duca di Nájera (e viceré di Navarra), dove iniziò la sua carriera militare come cavaliere armato (mesnadero). Per cinque anni partecipò a numerose campagne militari, facendosi conoscere e guadagnando rispetto tra i suoi pari.

Ignazio di Loyola da giovane in armatura

immagine di pubblico dominio

N.B. Dal Cristogramma IHS sull’armatura si può dedurre che è un immaginario ritratto postumo.

In questa sua nuova posizione Iñigo ebbe modo di assistere all’arrivo in Spagna del nuovo re Carlo I (figlio di Filippo il Bello e Giovanna la Pazza, la figlia dei Re cattolici Ferdinando II d’Aragona e Isabella di Castiglia), il futuro imperatore del Sacro Romano Impero Germanico Carlo V d’Asburgo (imperatore di “un impero sul quale non tramontava mai il sole”), allora appena diciassettenne.

Quando però re Carlo I lasciò la Spagna per andare in Germania ed essere incoronato imperatore del Sacro Romano Impero in Spagna scoppiarono vari moti di protesta e ribellione: gli spagnoli non avevano preso bene la preferenza dell’imperatore per le lande germaniche, e soprattutto non vedevano di buon occhio gli alti funzionari fiamminghi lasciati al comando nei posti chiave in Spagna, funzionari subito invisi al popolo e alla nobiltà. Il duca di Najera si schierò a sostegno dell’imperatore, quindi Iñigo si trovò a combattere contro i rivoltosi.

Íñigo venne incaricato di pacificare la provincia ribelle di Gipuzkoa, compito che egli risolse nel migliore dei modi: dimostrò “di essere ingegnoso e prudente nelle questioni del mondo e di sapere come occuparsi delle menti degli uomini, soprattutto nel saper conciliare le differenze o le discordie”.

A questo punto Íñigo viene coinvolto nella vicenda bellica che gli cambierà la vita: l’assedio di Pamplona. I ribelli stavano assediando la fortezza di Pamplona (mappa), e il re francese Francesco I decise di approfittare della situazione per attaccare la Navarra (regione spagnola al confine con la Francia) dando manforte ai rivoltosi. Bisogna ricordare che a quel tempo Francia e Spagna si combattevano in più parti d’Europa.
Il pretendente al trono di Navarra con l’aiuto dei francesi attaccò la fortezza di Pamplona con un esercito di quasi tredicimila uomini, contro il piccolo contingente di un migliaio di soldati rimasti a difesa della città. Íñigo e suo fratello Martin arrivarono sul posto al comando delle milizie aggiuntive per la difesa. La disparità numerica era già netta, ma la situazione si aggravò quando Martin ebbe un contrasto col comandante delle forze locali e si ritirò con il grosso delle truppe di rinforzo, lasciando in una situazione il fratello Íñigo (che per orgoglio rifiutò di andarsene).
Era il maggio del 1521.
I difensori rimasti stavano per arrendersi, ma la determinazione di Íñigo convinse tutti a resistere ancora. Forse influì il suo astio verso i francesi: suo fratello maggiore era morto combattendo in Italia proprio le truppe francesi.
Il 19 maggio 1521 la città cadde in mano al nemico, ma Íñigo rifiutò le condizioni di resa e si asserragliò con un manipolo di irriducibili nella fortezza della città. Però pochi giorni dopo un colpo di artiglieria colpì in pieno Íñigo, fratturandogli una gamba e ferendo seriamente l’altra, e a quel punto si arresero anche gli ultimi uomini che erano rimasti con lui.

Il comandante francese rimase impressionato dalla determinazione dello spagnolo e gli fornì tutte le cure necessarie, rimandandolo perfino a casa dopo poche settimane.

Questo sarà il momento cruciale della vita di Íñigo, e proprio da qui inizia “Il racconto del Pellegrino”, l’autobiografia che Ignazio dettò ai suoi collaboratori alla fine della sua vita. Ignazio riassunse i suoi primi 30 anni di vita fin qui narrati in poche scarne parole: dicendo che lui fu “uomo di mondo, assorbito dalle vanità”.

 

convalescenza e conversione

Íñigo ritorna dunque a casa, al suo “castello” (che in realtà era una masserizia fortificata, oggi inglobata nel santuario a lui dedicato a Loyola), ma ritorna gravemente ferito nel fisico e distrutto moralmente perché i suoi sogni di gloria sono irreversibilmente infranti: a 30 anni la gamba è distrutta e rimarrà zoppo e sciancato per sempre, non sarà mai più un baldo cavaliere conquistatore di dame e di grandezza.

Le ferite alle gambe sono molto serie e il suo stato di salute peggiora progressivamente: i medici lo danno inizialmente per spacciato. Continua a peggiorare, la febbre sale. A fine giugno la situazione è disperata: la vigilia della festa di San Pietro e Paolo (29 giugno) i medici dicono che se non migliora entro la notte sicuramente morirà. Íñigo aveva sempre avuto simpatia per San Pietro, e guarda caso proprio quella notte comincia a migliorare: per lui (successivamente) fu un segno.

Migliora, ma le gambe sono ancora messe male: in particolare le ossa della gamba colpita si erano risaldate male ed era rimasto con quella gamba più corta. Íñigo non aveva ancora del tutto rinunciato ai suoi sogni e ordinò ai medici di rompergliela di nuovo per poi metterla in trazione e farla tornare della lunghezza giusta. Era senza anestesia e i medici fecero di tutto per farlo desistere, sarebbe morto dal dolore, ma Íñigo aveva un carattere d’acciaio: lo operarono, e sopravvisse. La gamba in trazione recuperò come doveva, ma era rimasto un osso sporgente, veramente brutto: Íñigo volle che venisse segato via (sempre senza anestesia).

A quel punto inizia una lunga convalescenza: Íñigo è fuori pericolo, si è ripreso, ma è bloccato a letto e lo sarà per mesi. E un carattere come il suo fermo senza far niente non ci sa stare. Per passare il tempo chiede che gli vengano portati romanzi cavallereschi da leggere: almeno potrà tornare con la fantasia al suo mondo di prima che ora ha perso. Ma quei romanzi in casa non si trovano più. Gli danno allora gli unici libri disponibili, due testi religiosi: la “Vita Christi” di Ludolfo di Sassonia e il “Flos Sanctorum” (Vite dei santi) di Jacopo da Varazze. Non avendo altra scelta comincia a leggerli, e qui a sorpresa arriva il punto di svolta della sua vita: sorprendentemente quelle letture gli risultano interessanti, attraenti. Certo era ancora attratto dalla sua vita di prima, era ancora invaghito di una donna di alta nobiltà che sognava di conquistare, ma … ma cominciò anche da immaginarsi una vita diversa, ispirato dalle storie dei santi. Era sempre ambizioso, quindi cominciò ad immaginare “imprese difficili e grandi” ispirate dalle vite dei santi. Forse inconsciamente aveva capito che la sua vita precedente non l’avrebbe mai riavuta, quindi si orientò in una nuova direzione. Ma per un lungo periodo rimase sospeso tra pensieri dedicati alla mondanità e le possibili azioni al servizio di Dio.

“C’era però una differenza: pensando alle cose del mondo provava molto piacere, ma quando, per stanchezza, le abbandonava si sentiva vuoto e deluso. Invece, andare a Gerusalemme a piedi nudi, non cibarsi che di erbe, praticare tutte le austerità che aveva conosciute abituali ai santi, erano pensieri che non solo lo consolavano mentre vi si soffermava, ma anche dopo averli abbandonati lo lasciavano soddisfatto e pieno di gioia.”

L’inizio della vita da santo di Ignazio è molto umana: è il conflitto interiore tra diversi ideali di vita, l’incertezza su quale sia la scelta giusta da fare, la disperazione di un momento di grave crisi.

Continuò a riflettere sulla sua vita passata e sulle sue scelte, fino a convincersi per una nuova scelta di vita: sentì il bisogno interiore di seguire l’esempio delle vite dei santi e di rinunciare alla vita mondana per dedicarsi completamente a Dio.
Anche se non aveva confessato a nessuno i suoi veri pensieri i familiari intuirono il suo cambiamento interiore e provarono a fargli cambiare idea: il fratello provò a convincerlo a restare a casa per occuparsi dei beni di famiglia, ma ormai la decisione era presa.

Inizialmente aveva pensato di ritirarsi nella Certosa di Siviglia, però in lui era nettamente più forte il desiderio di “andare per il mondo”. Quindi decise di partire.

Íñigo cambierà il suo nome in Ignazio solo quando sarà a Parigi per studiare, pare che appare come Ignazio per la prima volta in un elenco di studenti della Sorbona nel 1531, ma in questo racconto da qui in poi sarà “Ignazio”, a sottolineare il cambiamento che è avvenuto in lui. E noi è come Ignazio che lo conosciamo e ricordiamo: pare infatti che abbia scelto di cambiare nome perché trovava (giustamente) che “Ignazio” fosse più “universale” rispetto allo spagnolo Íñigo.

 

le soste a Montserrat e Manresa

Una volta guarito, Ignazio decise di intraprendere un pellegrinaggio a Gerusalemme, e dal nord della Spagna dove si trova lui la via per la Terra Santa passa da Barcellona e dall’Italia, per arrivare ad imbarcarsi a Venezia. Da questo momento comincia il suo lungo viaggio nel mondo: il suo pellegrinaggio. Lasciata la casa natale di Loyola si dirige inizialmente verso Oñati (una borgata a una quarantina di chilometri da Azpeitia) dove c’era una sua sorella. Da Oñati si incammina poi verso Navarrete, fermandosi al santuario mariano di Arántzazu (tra Bilbao e Pamplona, foto del santuario attuale) dove fa voto di castità alla Madonna.

Però anche con tutte le sue buone intenzioni e con il voto di castità Ignazio era ancora un impulsivo uomo d’arme dal caratterino difficile: proseguendo il suo cammino a dorso di mulo incontra un moro, un musulmano, con cui si mette a discutere di teologia, e punto nell’orgoglio dal fatto che il musulmano la pensasse diversamente sulla verginità della Madonna (nonostante la Vergine Maria sia citata più volte nel Corano e i musulmani ne hanno rispetto) Ignazio ha l’impulso di risolvere la questione accoltellando il miscredente. Solo all’ultimo ha un dubbio di coscienza e decide di abbandonarsi al corso degli eventi: sia quello che Dio vuole. Per fortuna il mulo di sua spontanea volontà imbocca un altro cammino e lui rinuncia al proposito di accoltellare il musulmano. Diciamo che le buone intenzioni le aveva, ma aveva anche molto su cui ancora lavorare.

Ignazio prosegue sulla sua via per Barcellona e arriva al monastero di Montserrat, un famoso monastero benedettino abbarbicato sulle montagne a una cinquantina di chilometri da Barcellona (mappa e foto del monastero).

Da notare che lui stesso racconta che nel suo viaggio verso Montserrat “si flagellava sempre ogni notte”, e spesso si auto-infliggeva digiuni anche prolungati, sostanzialmente senza motivo, che comunque si innestavano su una vita di malnutrimento, spesso a pane e acqua. Una forma di zelo religioso che oggi sarebbe considerata come minimo “poco salutare” e potenzialmente indicativa di uno squilibrio nel suo approccio alla spiritualità. Un frate del monastero anni dopo ricorderà ancora bene Ignazio perché era “folle di Gesù Cristo”.

A Montserrat, nella data simbolica dell’Annunciazione (festa cristiana che si celebra il 25 marzo e in cui si commemora l’annuncio dell’Arcangelo Gabriele a Maria del concepimento verginale di Gesù, posto così esattamente nove mesi prima del Natale del 25 dicembre), Ignazio si spogliò dei sui abiti, che diede ad un povero, indossò una semplice ruvida tunica da pellegrino, dopo aver passato la notte tra il 24 e il 25 marzo del 1522 in veglia d’armi davanti all’altare della Madonna di Montserrat (detta la Moreneta, perché ha il volto scuro, che richiama il volto “brunito” dell’amata del Cantico dei Cantici) e aver offerto la sua spada alla Madonna.

Sempre al santuario di Montserrat Ignazio fa anche una lunga confessione che dura tre giorni e in cui richiamando alla memoria tutta la sua vita fino a quel momento si pente di tutti i peccati e rinasce a nuova vita: nel sacramento cristiano della confessione con la riconciliazione con Dio c’è il rinnovamento delle grazie battesimali, quindi si rinasce a nuova vita. Questo momento segna la rinascita di Ignazio a una nuova vita nel nome del Signore.

Ignazio nel lasciare simbolicamente il vecchio ricco vestito lascia la sua vita mondana precedente ed entra nella nuova vita del pellegrino povero. Non si sente però ancora pronto per andare a Barcellona e da lì lasciare la Spagna per iniziare il suo pellegrinaggio in Terra Santa, quindi decide di fermarsi ancora per qualche mese nei pressi di Montserrat: si ritira allora nella vicina Manresa dove riesce a trovare alloggio nell’Ospedale di Santa Lucía e nel convento domenicano, e saltuariamente nelle case di alcuni benefattori. In questi lunghi mesi spesso si ritira a pregare in una grotta sul fianco di una montagna vicino al fiume Cardener.

In questa sua lunga sosta tra Manresa e Montserrat Ignazio sperimenta stati d’animo fortemente contrastanti e ha spesso delle visioni, che in parte riesce a riconoscere anche come tentazioni ingannatrici del Maligno (quindi del Diavolo), e proprio dalle lunghe e profonde riflessioni su come riconoscere le visioni e le immagini “buone” (del Signore) da quelle ingannatrici del Diavolo, che sono da rifiutare, matura il primo importante concetto di discernimento (da “distinguere” il bene dal male) che tanto importante sarà poi nella sua vita e nella dottrina gesuita. Da questi lunghi periodi di raccoglimento e riflessione nasce dunque la prima bozza degli Esercizi Spirituali.

 

le visioni

Importante notare però che queste visioni arrivano in periodi di prolungati digiuni e debilitazione estrema per il suo corpo: lui stesso nella sua autobiografia racconta che una domenica dopo essersi confessato decise di iniziare a digiunare fino ottenere una grazia dal Signore (la risposta ai suoi dubbi interiori e alle sue angosce) e per ben una settimana non mangerà nulla, fino ad essere forzato a mangiare nuovamente qualcosa la domenica successiva quando il suo confessore scopre la cosa e gli impone di smettere. E questa situazione estrema si innestava su una carenza cronica di proteine dovuta alla mancanza di carne nella sua dieta. Si ammalò più volte e molto seriamente, probabilmente a causa delle eccessive privazioni che si era imposto, e la febbre alta di queste malattie lo portava presumibilmente a sragionare.

Le visioni non vanno intese dunque come un eccezionale fenomeno mistico: chiunque di noi se non si nutre correttamente per lungo tempo, sta male, e poi digiuna per una settimana potrà poi avere delle visioni. E queste “visioni” sono vere proiezioni della mente, dunque reali.

E’ importante dirlo, ma in troppe agiografie di sant’Ignazio si esalta solo la sua fede e si ammirano le sue visioni. Si, giusto, Ignazio era sicuramente una persona notevole, di grandi capacità, che fu capace in seguito di fare grandi cose, e che ha tutta la mia sincera ammirazione per molti grandi cose che ha fatto (rinunciare alla corruzione dilagante dell’epoca, istituire grandi scuole dove fornire ottima istruzione gratuita, e molto altro), ma vanno raccontati chiaramente anche questi suoi aspetti un pò “estremi” delle sue fasi iniziali, per inquadrare bene il personaggio.

In questo periodo Ignazio era dunque fortemente angustiato, sempre scontento delle sue confessioni che non gli parevano mai abbastanza (anche in questo caso un suo confessore dovette convincerlo che andava bene così, si era confessato abbastanza), provò l’impulso di buttarsi da una finestra, pregava di continuo ma non riusciva a trovare pace.

Citazioni testuali dalla sua autobiografia: “Un giorno, mentre sui gradini del convento recitava l’ufficio di nostra Signora, la sua mente cominciò ad essere rapita: era come se vedesse la santissima Trinità sotto figura di tre tasti d’organo; e questo con un profluvio di lacrime e di singhiozzi incontenibili”. E sempre in quel periodo: “Una volta gli si rappresentò nell’intelletto, insieme con intensa gioia spirituale, il modo con cui Dio aveva creato il mondo. Gli pareva di vedere una cosa bianca dalla quale uscivano raggi di luce, ed era Dio che irradiava luce da quella cosa. Ma di questi fatti egli non riusciva a darsi ragione, e non ricordava esattamente le conoscenze spirituali che in quei momenti Dio gli imprimeva nell’anima”.

Detto molto francamente: oggi sarebbe stato semplicemente bollato come uno squilibrato in preda ad un’esaltazione religiosa non sana.

Comunque col tempo riuscì a ritrovare un ragionevole equilibrio emozionale e si decise finalmente ad andare a Barcellona per imbarcarsi per l’Italia e da lì proseguire per la Terra Santa.

 

Il pellegrinaggio in Terra Santa

Nel 1523, Ignazio parte per il suo pellegrinaggio in Terra Santa: da Barcellona si imbarca per Gaeta, da qui prosegue a piedi verso Roma, dove arriva per la Domenica delle Palme. Pare che per recarsi a Gerusalemme era necessario che il Papa gli desse l’autorizzazione nel giorno di Pasqua, quindi era importante arrivare a Roma in tempo. Da Roma prosegue poi verso Venezia, dove era molto difficile entrare perché quelli erano anni di peste e i controlli all’ingresso erano molto severi, ma Ignazio riesce a passare.

Si è fatto tutto il viaggio a piedi, sempre vivendo di elemosina e affrontando moltissime difficoltà. La sua forza d’animo è ammirevole, ma riesce nei suoi intenti sempre e solo grazie alla generosità di tanti benefattori che lo nutrono e lo accolgono durante il suo lungo cammino. Però se a Venezia riesce ad ottenere addirittura di incontrare il Doge in persona e da lui ottiene un imbarco gratuito su una nave diretta verso Cipro vuol dire che la sua personalità era davvero fuori dal comune ed era capace di conquistare gli altri con il dono della parola. Oppure era talmente insistente e fastidioso che il Doge ha preferito toglierselo di torno.

Sempre molto debilitato si ammalò pochi giorni prima della partenza, con febbri altissime. Arrivò il giorno dell’imbarco e stava ancora molto male, ma era risoluto a partire. Allora chi lo ospitava mandò a chiamare un dottore, che gli disse che si, poteva sicuramente andare a Cipro, se aveva desiderio di farsi seppellire lì o direttamente in mare.
Partì lo stesso. Sulla nave veneziana rimase scandalizzato dalle varie immoralità che si commettevano a bordo e cominciò a predicare per cercare di convertire l’equipaggio. Fino a che pochi giorni dopo alcuni spagnoli imbarcati sulla stessa nave gli consigliarono vivamente di smettere perché l’equipaggio parlava apertamente di abbandonarlo su un’isola deserta.

Comunque Ignazio riesce ad arrivare a Cipro, e da lì il 4 settembre 1523 raggiunge finalmente Gerusalemme: è riuscito a raggiungere la meta che tanto desiderava. Può finalmente vedere e conoscere i luoghi santi dove è vissuto Nostro Signore Gesù Cristo. Voleva stabilirsi a Gerusalemme e da lì aiutare le anime. Peccato però che quando andò a portare le sue lettere di presentazione ai Padri Francescani (che all’epoca erano responsabili dei pellegrini cristiani in Terra Santa) gli viene subito detto che se ne deve tornare in Europa: lì non può restare, chi non dimostra di avere soldi per mantenersi bene da solo non può restare (Ignazio non aveva nulla e viveva solo di carità ed elemosine), e inoltre era pericoloso perché in quei periodi i turchi rapivano frequentemente pellegrini cristiani di cui poi i Padri Francescani dovevano pagare il riscatto. Per qualche giorno riesce a restare, ma quando torna a Gerusalemme il Padre Superiore gli viene intimato di imbarcarsi immediatamente il giorno dopo sulla nave dei pellegrini che tornava in Italia. Ignazio provò ad opporsi, ma “il Provinciale dichiarò che essi avevano ricevuto dalla Sede Apostolica l’autorità di far partire o lasciar restare, a loro giudizio, e anche di scomunicare chi non voleva obbedire”. Ignazio a questo punto dovette cedere, e sperimentò in prima persona l’obbedienza all’autorità ecclesiale, che poi diventerà uno dei voti di obbedienza dei gesuiti. Ignazio però ebbe un ultimo guizzo di disubbidienza quando lo stesso pomeriggio scappò per andare un’ultima volta sul monte Oliveto: i Francescani mandarono un robusto servitore del convento armato di bastone che riportò indietro Ignazio con la forza.

 

Il rientro e la decisione di studiare

Ignazio a questo punto deve affrontare un secondo momento di crisi nella sua vita: non può rimanere in Terra Santa come tanto desiderava, nuovamente i suoi sogni si sono infranti. Deve nuovamente chiedersi: e adesso che faccio della mia vita?
Rielabora il desiderio che aveva già in Terra Santa: quello di “aiutare le anime”, da intendere come “aiutare le persone a incontrare il Signore”. Realizza quindi che potrà continuare ad “aiutare le anime”, e lo farà nel mondo invece che solo in Terra Santa.

E fa anche un’altra riflessione molto importante: prende piena coscienza dei propri limiti. Ignazio era un tipo sveglio, che sapeva comportarsi in società, che sapeva usare le armi, che aveva grande carisma, ma era anche carente da molti altri punti di vista: in particolare non aveva avuto una buona educazione scolastica, non aveva cultura. E realizzò che se voleva salvare le anime ed evangelizzare (convertire al cristianesimo predicando il Vangelo) doveva necessariamente recuperare questa sua grave lacuna: se vuoi conquistare il cuore delle persone innanzitutto devi capirle, e per capirle devi capire il loro contesto sociale, la loro cultura, capire cosa pensano e perché lo pensano. Decide quindi di tornare a studiare, ripartendo praticamente da zero. Decisione molto matura, e di attuazione non facile: cominciare a studiare a trent’anni passati non è affatto facile, nemmeno oggi.

Matura questa sua decisione nel suo lungo viaggio di ritorno: da Gerusalemme si imbarca per Cipro, e da lì per la Puglia, da cui si dirige poi nuovamente a Venezia, per raggiungere infine Genova dopo aver attraversato Veneto, Emilia Romagna e Appennini (tra l’altro in territori di guerra ed essendo pure arrestato e interrogato perché sembrava un tipo strano e poteva essere una spia). Da Genova ritorna finalmente in patria e sbarca nuovamente a Barcellona, dove riprende contatti con sue vecchie conoscenze: alcuni suoi precedenti benefattori si offrono di mantenerlo durante gli studi. Può così iniziare a studiare, ma incontra subito delle difficoltà: a quell’età, con già tante esperienze di vita forti e importanti, non è facile ritrovarti sui banchi e vedere che i ragazzini (più svelti perché la loro mente è più adatta allo studio) ti surclassano continuamente. Si distrae, trova conforto nella predicazione alla gente, e scopre che in quello ha successo: gli altri riconoscono il suo autentico entusiasmo, e poi è carismatico e sa trascinare gli altri. Grazie alla sua volontà di ferro si impegna a studiare: si dedica allo studio del latino. Dopo due anni i suoi maestri gli dicono che è pronto per il passo successivo: gli consigliano di andare all’Università di Alcalá de Henares.

 

le università spagnole

L’Università di Alcalá de Henares sorgeva a pochi chilometri da Madrid ed era una delle più importanti università dell’epoca: era la nuova grande università dell’Impero Asburgico, uno dei principali centri di eccellenza culturale d’Europa. Per la prima volta qui era stata stampata una Bibbia in tre lingue: greco, latino ed ebraico. L’Università venne fondata nel 1499 dal cardinale Cisneros, che aveva intuito che la cultura poteva essere il mezzo con cui iniziare a riformare una Chiesa ormai decadente. Noi oggi dovremmo capire la stessa cosa: la cultura è il mezzo per riformare la nostra società occidentale ormai decadente.

Ignazio inizia a studiare ad Alcalá, ma presto anche qui si distrae e comincia a predicare spontaneamente alle persone, anche qui cominciando a riscuotere un certo seguito.
Ma desta anche l’attenzione dell’Inquisizione: erano preoccupati che persone ben intenzionate ma poco preparate si lanciassero con incosciente entusiasmo nella predicazione, facendo alla fine più danni che bene. Ed erano molto più preoccupati di quelli preparati ma malevoli che predicavano diverse visioni, cioè che predicavano eresie.
Ignazio viene ripreso più volte, ma non viene mai giudicato colpevole di nulla, perché gli si riconosce sempre la sua buona fede. Però ovviamente questa tensione che si era creata non facilitava certo tranquillità e concentrazione necessarie per lo studio, quindi Ignazio decide di cambiare università: decide di andare a Salamanca.

L’Università di Salamanca era la più antica università spagnola: fondata nel 1134, svolse un ruolo cruciale nella diffusione della cultura e della lingua spagnola, contribuendo in modo significativo allo sviluppo dell’identità nazionale spagnola, e all’epoca era famosa per essere un importante centro di studi di diritto canonico e diritto civile romano.
Lì teologi e filosofi come Domingo de Soto e Francisco de Vitoria furono i primi a teorizzare ed esprimere l’idea che gli indigeni delle Americhe hanno un’anima, e quindi conseguentemente hanno dei diritti e non si possono ridurre in schiavitù. A noi oggi sembra ovvio, ma all’epoca non lo erano, e il centro di pensiero che produsse quelle voci fu Salamanca.

Ignazio riprende dunque gli studi in questo centro di eccellenza della cultura, ma anche qui quasi subito ricomincia la sua predicazione alla gente, che ha successo, e di nuovo attira l’attenzione della Santa Inquisizione: lo riprendono nuovamente, lo interrogano, addirittura lo incarcerano per diverse settimane. Si chiedono cosa voglia realmente ottenere: è forse un eretico? Ignazio e i suoi compagni non avevano nessuna particolare formazione teologica, erano solo entusiasti che coinvolgevano gli altri con il loro entusiasmo per Dio, e pregavano molto.

All’epoca c’erano sette eretiche come gli Alumbrados che credevano di poter raggiungere la perfezione spirituale attraverso la preghiera mentale e l’annullamento della volontà individuale, e questo alla Chiesa non andava bene perché la ricerca di una perfetta unione mistica con Dio senza mediazioni era giudicata una deviazione gnostica. Il punto importante era senza mediazioni: la Chiesa voleva mantenere il potere temporale e i privilegi che ne derivavano essendo l’unico intermediario riconosciuto tra le anime umane e il Dio che promette la vita eterna.

Visto il notevole carisma di Ignazio l’Inquisizione pensava volesse fondare una nuova setta eretica. Poi però si convinsero che “era un bravo ragazzo”,e a questo convincimento molto contribuì la bozza degli Esercizi Spirituali che Ignazio consegnò al capo inquisitore, e alla fine gli ordinarono solo di finire gli studi teologici prima di mettersi a predicare alla gente.

Questo confermò ad Ignazio che rimettersi a studiare era stata la giusta intuizione: anche dalla Chiesa era considerato necessario per poter evangelizzare e salvare le anime. Ma queste continue pesanti interferenze dell’Inquisizione lo convinsero anche a cambiare radicalmente aria: decise di lasciare la Spagna e andare all’estero. Decise di andare a studiare alla Sorbona di Parigi. Sempre basando la possibilità di studiare solo sulla carità di generosi benefattori (mentre lui in teoria si sarebbe potuto mantenere da solo, almeno in parte, visto che era di famiglia benestante), e sempre viaggiando a piedi per raggiungere le sue destinazioni: si incamminò a piedi verso Parigi.

 

gli studi a Parigi

Ignazio arrivò nella capitale francese il 2 febbraio 1528. Iniziò gli studi umanistici al Collegio di Montaigu, alloggiando nell’ospizio Saint Jacques. Su consiglio di un frate spagnolo Ignazio andava tutti gli anni nelle Fiandre (una delle tre regioni dell’attuale Belgio) per convincere dei mercanti fiamminghi a finanziare i suoi studi: riuscì a mantenersi nei suoi studi a Parigi per ben 7 anni. Era evidentemente molto bravo sia a predicare che a convincere la gente.

Alla Sorbona di Parigi Ignazio studia umanità, filosofia e teologia, e ha modo di conoscere altri studenti che sarebbero diventati i suoi primi compagni: in particolare i più importanti furono Pietro Fabro e Francesco Saverio.
Durante il suo soggiorno parigino, Ignazio affinò ulteriormente i suoi “Esercizi Spirituali” e iniziò a guadagnare seguaci, gettando le basi per la futura Compagnia di Gesù.

 

La fondazione della Compagnia di Gesù

Ignazio da giovane aveva avuto esperienze di vita militare, quindi sapeva cos’era il cameratismo, ma solo a Parigi conosce finalmente la vera amicizia, che ieri come oggi nasce facilmente tra i compagni dell’università. Compagni su cui Ignazio aveva un grande ascendente, visto che era più grande e con intense esperienze di vita alle spalle.
E da questa esperienza dell’amicizia nasce l’idea per Ignazio e per i suoi compagni di essere “amici nel Signore”.

Il 15 agosto 1534 (il giorno dell’Assunzione, quando i cristiani celebrano l’assunzione in cielo della Vergine Maria alla fine della sua vita terrena) Ignazio e altri sei compagni fecero un giuramento in un luogo molto simbolico di Parigi: Montmartre, il “monte dei martiri”, dove nel III secolo d.C. il vescovo di Parigi San Dionigi (o San Denis) e i suoi compagni Rustico ed Eleuterio furono martirizzati per aver rifiutato di abiurare la fede cristiana (secondo la tradizione dopo essere stato decapitato San Dionigi raccolse la propria testa e camminò per sei miglia fino al luogo in cui sorge l’attuale Abbazia di Saint-Denis). Qui, nella cappella di Montmartre, di fronte a Pietro Favre (Pedro Fabro) l’unico di loro ad essere già stato ordinato sacerdote, Ignazio e i suoi compagni fecero voto di povertà, di castità e di andare in pellegrinaggio in Terra Santa.

Vista la precedente esperienza di Ignazio in Terra Santa, e considerando le difficoltà del momento (in quel periodo Venezia era in guerra con l’Impero Ottomano per il controllo di vaste aree del Mediterraneo), furono abbastanza previdenti da decidere che, se non fosse stato possibile raggiungere Gerusalemme si sarebbero messi a disposizione del Papa: si sarebbero fatti mandare dove il Papa avrebbe deciso.

Questi voti pronunciati nella cappella di Montmartre segnarono l’inizio della Compagnia di Gesù.

Si diedero appuntamento per ritrovarsi tutti a Venezia agli inizi del 1537. Nel frattempo avrebbero finito i loro impegni in sospeso: alcuni dovevano finire di studiare, alcuni sistemare affari di famiglia. Ignazio si recò prima in Spagna, e poi in Italia nella via verso Venezia fece tappa all’università di Bologna (la più antica del mondo).

 

l’attesa in Veneto

Ignazio e i suoi compagni si ritrovano a Venezia all’inizio del 1537, e iniziano ad aspettare la partenza di una nave che li porti a Gerusalemme. Ma i tempi non sono propizi, Venezia è in guerra con l’Impero Ottomano, non parte nessuna nave e l’attesa si protrae.

La Compagnia di Gesù decide quindi di usare quel tempo di attesa per fare ciò che si erano comunque dedicati a fare: servire il Signore e salvare le anime. Decisero di farlo in Veneto: si distribuirono a coppie nelle varie città del nord est e cominciarono a predicare nelle piazze. Ignazio e Favre andarono a Vicenza, mentre altri loro compagni si diressero a Verona, Treviso, Bassano del Grappa e Monselice. Dopo una dispersione iniziale si riunirono poi tutti nel monastero abbandonato (una semplice casa rurale mezza diroccata) di San Pietro in Vivarolo alla periferia di Vicenza, dove vivevano in estrema povertà: dormivano su giacigli di paglia e ogni giorno andavano a mendicare prima di andare a predicare nelle piazze. Per la predicazione del vangelo si disperdevano nelle cittadine dei dintorni, ma iniziavano la loro predica in piazza tutti alla stessa ora, e tutti lanciando in aria il cappello con un grido per attirare l’attenzione. Questa esperienza fu molto importante perché fu la prima vera esperienza della Compagnia di Gesù, la cui caratteristica missionaria è proprio l’andare a portare il Vangelo a chi ancora non lo conosce.

A giugno del 1537 a Venezia il vescovo di Arbe (l’attuale isola di Rab in Croazia) ordinò religiosi Ignazio e i suoi compagni che non erano ancora sacerdoti. Importante ricordare che Ignazio e i suoi fecero una scelta radicalmente diversa da molti ecclesiastici dell’epoca: decisero di non far pagare per i sacramenti che amministreranno alla gente, contrariamente a molti sacerdoti dell’epoca che prendevano i voti per avere una rendita dall’amministrazione dei sacramenti. Questo era un perfetto indice della corruzione e della decadenza della Chiesa dell’epoca. E anche oggi bisognerebbe riflettere seriamente sul fatto che nella Germania cattolica in teoria se non paghi annualmente le tasse alla Chiesa Cattolica (c’è una voce apposita nella dichiarazione dei redditi) non hai diritto ai sacramenti: poi in pratica in chiesa la domenica ci puoi andare, ma non ti sposano e non ti seppelliscono se non paghi. Secondo me questa pratica vergognosa è un tradimento totale del messaggio cristiano e andrebbe apertamente condannata.

Dopo aver atteso tutto l’anno 1537 in Veneto alla fine capirono che non sarebbero riusciti a raggiungere Gerusalemme a causa dei conflitti in corso tra Venezia e l’Impero Ottomano, quindi si decisero ad andare a Roma e rimettersi alla volontà del Papa.

 

la visione de La Storta

Durante il cammino (sempre a piedi) lungo la via Romea verso Roma Ignazio viene assalito dai dubbi: incomincia ad aver paura di aver sbagliato tutto, e di aver trascinato i suoi compagni in una scelta sbagliata. In particolare più si avvicina a Roma più ha paura che sia proprio la scelta di andare a Roma e rimettersi alla volontà del Papa la scelta sbagliata: dubbi e paure più che comprensibili, non solo perché proprie dell’animo umano, ma perché in quei tempi Roma era una città profondamente corrotta e il clero romano era il centro e il motore di questa corruzione. La Roma dell’epoca era molto peggio della Roma attuale, ed è tutto dire.

Ignazio viveva profondamente questi dubbi, e li proiettava nei suoi sogni notturni: sognava porte chiuse, decisamente non un buon segno. Così cominciò a pregare il Signore di avere un segno, una risposta. E proprio poco prima di raggiungere Roma, in una località sulla via Cassia chiamata tutt’oggi “La Storta” (mappa) in una piccola cappella a lato della strada Ignazio ha una visione: sente la voce di Dio che gli dice “Vi sarò propizio a Roma”, e tutti i suoi dubbi e le sue paure si dissipano.

Questa visione viene ricordata come uno dei momenti fondamentali della vita di Ignazio, e difatti è uno degli elementi centrali della storia di Ignazio nelle decorazioni della chiesa a lui dedicata: l’affresco centrale dell’abside rappresenta proprio questa visione.

altare centrale presbiterio e abside della chiesa Sant'Ignazio di Loyola a Roma

E la frase “Vi sarò propizio a Roma”, in latino “Ego Vobis Romae Propitius Ero” è incorniciata sopra l’affresco:

Ego Vobis Romae Propitius Ero

Dopo la visione a La Storta Ignazio e i suoi compagni sono dunque pronti ad affrontare Roma e rimettersi alla volontà del Papa.

 

a Roma da Papa Paolo III

Arrivati a Roma chiedono udienza per essere ricevuti dal Papa.
E il Papa in quegli anni era Paolo III, un Papa oggi ricordato per vari motivi, non tutti molto lusinghieri: oltre all’aver dato l’approvazione alla Compagnia di Gesù e aver convocato il Concilio di Trento nel 1545 (atto che segnò l’inizio della Controriforma cattolica in risposta alla Riforma protestante), è rimasto famoso per il suo grande mecenatismo artistico (commissionò a Michelangelo gli affreschi per la Cappella Sistina, fece costruire la Cappella Paolina in Vaticano, favorì artisti come Tiziano e Raffaello), e soprattutto per il suo nepotismo.

Il termine “nepotismo” deriva proprio dall’attitudine dei papi di quel periodo di nominare cardinali i propri nipoti, e Paolo III ne fu uno degli esempi più famosi: Papa Callisto III nominò cardinali due suoi nipoti, uno dei quali divenne poi Papa Alessandro VI (al secolo Rodrigo Borgia), che da Papa elevò al cardinalato Alessandro Farnese, fratello della sua amante (la bella e famosa Giulia Farnese) e che divenne il nostro Papa Paolo III, che a sua volta nominò cardinali i suoi nipoti, tra cui in particolare Alessandro Farnese il Giovane che divenne cardinale all’età di soli 14 anni. Che dire? Volevano molto bene alla propria famiglia.

Ecco, questo era il Papa a cui Ignazio presenta la sua idea. Direi che essere preoccupati era più che comprensibile. E invece Paolo III accoglie favorevolmente la proposta di Ignazio. In particolare gli pone una domanda importante: “ma voi volete essere inviati a fare i missionari singolarmente in luoghi diversi o volete rimanere tutti insieme?”.

 

Ignazio primo Generale dell’Ordine

Ignazio e i suoi compagni si ritirano a riflettere per alcuni mesi su questa domanda e su come organizzare la nascente Compagnia di Gesù, e dalle loro riflessioni e preghiere, primo esempio di discernimento comunitario, arrivano alla stesura della Deliberazione dei Primi Padri, dove sostanzialmente decisero che per affrontare meglio le sfide temporali e spirituali sarebbe stato meglio prestare obbedienza ad uno di loro, che sarebbe diventato il capo dell’ordine religioso. Quindi decisero di rimettersi alle decisioni del Papa su dove essere inviati come missionari, e alle decisioni del capo dell’ordine su chi scegliere per essere destinato ad una particolare missione. Oltre al voto di obbedienza si confermano i voti di castità e povertà. La missione di evangelizzazione è il cuore della vocazione gesuita.

Ovviamente Ignazio viene nominato primo Generale dell’Ordine. Proprio dalla sua esperienza d’armi in gioventù deriva questa organizzazione di stampo militare: c’è una struttura fortemente gerarchica, si deve obbedienza ai superiori (e collettivamente al Papa), a capo dell’ordine c’è un “generale”, e l’Ordine dei Gesuiti si chiama “Compagnia di Gesù”, dove “compagnia” è inteso sicuramente in senso apostolico e comunitario, prendendo ispirazione dall’esperienza di San Pietro in Vivarolo in cui dividevano il pane tra loro (compagnia e compagni derivano dala latino cum panis, ad indicare coloro che mangiano lo stesso pane), ma “compagnia” è anche da sempre l’unità militare di base per tutti gli eserciti.

Papa Paolo III confermò l’ordine il 27 settembre 1540 con la bolla papale Regimini militantis Ecclesiae, ma limitò il numero dei suoi membri a sessanta. Limitazione che venne rimossa con una successiva bolla, la Iniunctum nobis, del 14 marzo 1543.

La Compagnia di Gesù si distinse subito per il suo impegno nell’educazione, nella predicazione e nelle missioni. Ignazio guidò i suoi compagni con saggezza e determinazione, stabilendo scuole e collegi in tutta Europa. La loro disciplina rigorosa e la dedizione alla causa cattolica fecero dei Gesuiti un elemento fondamentale nella Controriforma.

 

gli anni a Roma

Ignazio trascorse gli ultimi quindici anni della sua vita a Roma, dedicandosi alla guida della Compagnia di Gesù. Da Roma Ignazio coordinò l’espansione dell’Ordine e la creazione di nuove istituzioni educative. La sua capacità organizzativa e la sua visione spirituale permisero alla Compagnia di affrontare con successo le sfide del suo tempo e di stabilirsi come una delle principali forze del cattolicesimo mondiale.

Grazie alla guida di Ignazio la Compagnia di Gesù si espanse rapidamente: i Gesuiti si distinsero come educatori, confessori e missionari, portando il Vangelo nelle Americhe, in Asia e in Africa. Il loro lavoro fu fondamentale per la diffusione del cattolicesimo in nuove terre e per la formazione di una nuova generazione di cattolici istruiti e devoti.

Sotto la direzione di Ignazio i Gesuiti fondarono numerose scuole, collegi e università, diventando pionieri nell’educazione cattolica. Inoltre, si dedicarono a opere di carità, assistenza ai poveri e ai malati, e alla predicazione in luoghi remoti. La loro influenza si estese rapidamente, facendo della Compagnia di Gesù un punto di riferimento per la spiritualità e l’educazione cattolica.

 

la pubblicazione degli Esercizi Spirituali

Gli “Esercizi Spirituali” di Ignazio, pubblicati per la prima volta nel 1548, divennero un testo fondamentale per la spiritualità cattolica. Questa guida di meditazione e discernimento spirituale ha influenzato profondamente la pratica religiosa e ha contribuito alla formazione di generazioni di credenti. Gli esercizi sono stati adottati e adattati in vari contesti, diventando uno strumento prezioso per la crescita spirituale.

Rimando a questo mio articolo di approfondimento sugli Esercizi Spirituali.

Comunque l’eredità di Ignazio si riflette non solo negli “Esercizi Spirituali”, ma anche nell’approccio educativo dei Gesuiti, che combinava rigore accademico e formazione morale. Le scuole gesuite divennero sinonimo di eccellenza educativa, preparando studenti a diventare leader nella società. L’influenza di Ignazio e dei Gesuiti continua a essere evidente nell’educazione e nella spiritualità cattolica moderna.

 

la morte e la canonizzazione

Ignazio trascorse gli ultimi anni della sua vita a Roma, continuando a guidare la Compagnia di Gesù e a lavorare instancabilmente per la sua crescita. Morì il 31 luglio 1556, lasciando un’eredità duratura e una Compagnia di Gesù ben consolidata.

Il processo di beatificazione di Ignazio iniziò poco dopo la sua morte, e fu beatificato nel 1609 da Papa Paolo V. La canonizzazione seguì nel 1622, quando Papa Gregorio XV lo dichiarò santo. L’avvio dei lavori di costruzione della chiesa a lui dedicata a Roma fu nel 1626, quattro anni dopo la sua morte. La sua festa è celebrata il 31 luglio, giorno della sua morte, e Sant’Ignazio è venerato come patrono degli esercizi spirituali e della Compagnia di Gesù.

L’eredità di Sant’Ignazio di Loyola è vastissima. La sua visione e il suo impegno hanno trasformato la spiritualità cattolica e hanno influenzato profondamente l’educazione e la missione della Chiesa. La Compagnia di Gesù, con il suo spirito di servizio e di dedizione, continua a essere una forza vitale nella Chiesa e nel mondo, portando avanti l’opera iniziata da Sant’Ignazio, dimostrando la forza duratura della sua visione e del suo carisma.

 

2. Il racconto del Pellegrino

Come accennato all’inizio una delle principali fonti sulla vita di sant’Ignazio è il suo “Il racconto del Pellegrino”, un racconto autobiografico dettato ai suoi assistenti negli ultimi anni della sua vita.

E’ possibile scaricarlo gratuitamente in Pdf dal sito ufficiale dei Gesuiti: basta andare alla pagina https://gesuiti.it/risorse/ e scorrere verso il basso fino a trovare la finestra riportata qui sotto, da cui si può scaricare il Pdf con il testo originale integrale.

link al download

Il racconto del Pellegrino di Sant'Ignazio di Loyola

 

Ignazio in questo racconto fa riferimento a se stesso sempre in terza persona, chiamandosi “il Pellegrino”, e ripercorre tutti gli eventi della sua vita spirituale, iniziando dalla conversione a seguito della ferita alla gamba nell’assedio di Pamplona quando aveva 30 anni.

Poi di libri su Ignazio di Loyola ce ne sono davvero un’infinità, tanto che non saprei davvero quali consigliare. Diciamo che il mio consiglio è di partire con i Pdf e i racconti disponibili sul sito ufficiale dei Gesuiti alla pagina linkata prima, e poi magari guardarsi qualche documentario online: su Youtube sono disponibili molti video, e alcuni sono veramente ben fatti.

 

3. Sant’Ignazio in 8 video di padre Hernandez

Su Ignazio di Loyola si trovano moltissimi video su Youtube. Io ne ho visti diversi, e tra i tanti mi sento di consigliare questa serie di 8 video in cui il padre gesuita Jean Paul Hernandez racconta i momenti chiave della vita di sant’Ignazio e commenta con grande lucidità gli aspetti spirituali dell’opera dei Gesuiti.

Il primo video si trova a questo link:

video Youtube su storia di sant'Ignazio di Loyola raccontata da padre Hernandez

Padre Hernandez è bravissimo a raccontare e vale la pena di seguirsi tutti i video della serie.

Questi gli episodi successivi:

episodio 02 – la conversione di Ignazio

episodio 03 – nei santuari spagnoli

episodio 04 – il pellegrinaggio in Terra Santa

episodio 05 – le università spagnole

episodio 06 – lo studio a Parigi e l’amicizia

episodio 07 – predicazione in Veneto

episodio 08 – a Roma dal Papa

In questi video sono importanti soprattutto per capire meglio la spiritualità connessa alla vita e alle opere di sant’Ignazio.

 

4. I film su Ignazio di Loyola

Una figura eccezionale come quella di Ignazio di Loyola ha ovviamente ispirato diverse produzioni cinematografiche, di cui al momento la più nota è la più recente: il film del 2016 “Ignazio di Loyola”. Bella la fotografia, belli i costumi, ma alla fine il film risulta poco credibile e secondo me non coglie appieno la spiritualità del santo. Comunque rispetto ai film pessimi che vengono prodotti recentemente questo alla fine non è nemmeno male.

Questo il trailer:

Youtube trailer film 2016 Ignatius of Loyola

Insomma: Ignazio pettinatissimo in ogni momento della sua vita.

Interessante anche il vecchio e ormai dimenticato “Il cavaliere della croce” del 1948, meno spettacolare dei film di oggi, e quindi più incentrato sugli aspetti religiosi della vita di Ignazio, ma la recitazione dell’epoca aveva comunque i suoi difetti: le voci (almeno nell’edizione italiana) sembrano quelle di Via col vento.

Quasi dimenticato ormai è anche “State buoni se potete”, un film italiano del 1983 in cui Ignazio (interpretato da Philippe Leroy) appare assieme a san Filippo Neri (interpretato da Johnny Dorelli e vero vero protagonista del film). La storia è incentrata sull’opera caritatevole di san Filippo Neri (molto più giovane di Ignazio) nella Roma della seconda metà del Cinquecento, e Ignazio appare perché una giovane ragazza bisognosa di aiuto viene portata alle scuole dei gesuiti. Il significato del titolo del film viene spiegato in questa scena:

video Youtube film State buoni se potete

N.B. In questa scena Ignazio non appare.

 

5. La visita alla chiesa di Sant’Ignazio a Roma

Una volta conosciuta la vita e le opere di Ignazio di Loyola si può meglio apprezzare la visita alla chiesa a lui dedicata al centro di Roma. Per organizzare al meglio la visita rimando anche a questi altri articoli di approfondimento:

N.B. La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio a Roma non va confusa con la chiesa del Gesù, chiesa principale dell’ordine dei Gesuiti a Roma, dove si trova la tomba di sant’Ignazio.

 

 

L’immagine di copertina è un dipinto di Rubens che ritrae Sant’Ignazio di Loyola – opera di pubblico dominio

 

 

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