Una delle opere d’arte per cui è famosa la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma è la “finta cupola” realizzata da Andrea Pozzo nel 1685 su richiesta dei Gesuiti (che pare avessero finito i soldi per costruirne una vera). La storia di questa finta cupola è davvero interessante:
Per capire la finta cupola bisogna cominciare a conoscere Andrea Pozzo:
fratel Andrea Pozzo
Andrea Pozzo nacque a Trento nel 1642, quindi quasi un secolo dopo la morte di Sant’Ignazio. Studiò a Trento alla scuola dei Gesuiti e poi si trasferì a Milano dove divenne membro laico della Compagnia di Gesù: prese i voti a 23 anni, nel 1665.
A Milano lavorò per 2 anni al completamento della chiesa di San Fedele, considerata uno dei modelli di riferimento dell’architettura sacra dell’arte della Controriforma, e qui comincia la sua formazione professionale ispirandosi ai lavori di Pellegrino Tibaldi (architetto e pittore bolognese, all’epoca già morto da più di mezzo secolo). Un elemento importante di San Fedele è che la chiesa venne dotata temporaneamente di una finta cupola: da questo Pozzo prese l’ispirazione per i suoi lavori successivi.
Poi Andrea Pozzo si trasferì a Genova, conoscendo quindi le opere di Rubens (in uno dei dipinti di Rubens a Genova c’è un’altra finta cupola), e successivamente sarà a Mondovì in provincia di Cuneo, dove realizzerà la sua prima finta cupola, anzi finto tamburo visto che manca la calotta. Sarà una prima esperienza che lo portò a ragionare su come calcolare e risolvere il problema prospettico della realizzazione di una finta cupola completa.
Per la realizzazione delle sue finte cupole Andrea Pozzo si ispirò anche agli artisti del passato che si erano cimentati nella stessa realizzazione prospettica, in particolare Melozzo da Forlì e le opere del Sacro Monte di Varese.
Ci sono vari libri dedicati alla produzione artistica di Andrea Pozzo:
Andrea Pozzo nella sua vita realizzerà 8 finte cupole, ma quella più famosa è proprio quella della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma.
la finta cupola
Il progetto originale della chiesa prevedeva una vera cupola decisamente imponente (ricordiamo che la chiesa è lunga 81 metri e larga 43, quindi di conseguenza anche la cupola centrale doveva essere molto grande), ma il protrarsi dei lavori nel corso dei decenni aveva prosciugato le finanze e pare che alla fine i Gesuiti avessero finito i soldi per realizzare una vera cupola.
E forse questo non fu nemmeno l’unico motivo che portò ad una più economica finta cupola dipinta: si dice anche che negli immediati dintorni abitasse qualche personaggio abbastanza potente e influente che avesse proibito la realizzazione di una cupola sopra la chiesa del Collegio Romano per non perdere la vista dal suo attico, o forse erano i i padri della vicina biblioteca Casanatense che non volevano che la grande cupola mettesse troppo in ombra la loro biblioteca. Poi le malelingue ipotizzano che i Domenicani della vicina Santa Maria Sopra Minerva (che non ha cupola ma solo volte a crociera decorate) non volessero essere sminuiti al confronto. Comunque l’aspetto economico fu quello più importante.
Per Andrea Pozzo la finta cupola della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma fu la sua terza opera romana: la prima fu il mirabile Corridoio di sant’Ignazio (quello che porta alle stanze di Sant’Ignazio), e la seconda la piccola cappella di Sant’Antonio alle Terme (che fu un luogo dove sant’Ignazio abitò per alcuni mesi poco prima della sua morte).
Andrea Pozzo dipinge la finta cupola non per terra, ma già ribaltata nella giusta posizione e issata a poco più di 2 metri di altezza, e si ritrova a dipingere una tela rotonda di 16 metri di diametro (e quindi più di 200 metri quadri di superficie) in uno spazio chiuso e buio sotto l’intelaiatura di sostegno. Ovviamente la tela non è un pezzo unico, ma un collage di 21 teli larghi 80 centimetri l’uno, inchiodati ad assi di legno.
L’artista “mettendo mano a questa tanto dibattuta impresa fece un gran telaio di legno coperto di pura tela della misura dell’apertura della gran cupola ed alzatolo in aria tanto bastasse per potervi dipingere da terra cominciò ad operare con il suo pennello creatore secondo le regole della sua prospettiva”.
E Pozzo completò l’opera in un tempo decisamente breve: cominciò a dipingere ai primi di maggio e finì il 20 giugno del 1685, giorno in cui la tela e il telaio (che pesa circa 4000 kg) vennero innalzati a 33 metri di altezza nella posizione attuale.
L’effetto finale è quello di una cupola assolutamente convincente:
Sul pavimento della chiesa c’è un punto evidenziato da un disco dorato da cui l’illusione ottica è perfetta. Guardando bene la foto qui sopra si vedono anche le linee diagonali del nuovo telaio che la sostiene: è il telaio dell’ultimo restauro del 1962.
i danneggiamenti e i restauri
La cupola dipinta che vediamo noi oggi è stata riparata e restaurata più volte perché nel corso del tempo ha subito numerosi danneggiamenti, a cominciare dal normale fumo delle candele che servivano ad illuminare la chiesa che si accumulò sulla tela nel corso degli anni, e poi dalle infiltrazioni d’acqua. Poi un primo danneggiamento serio ci fu nel 1818 per un incendio di un catafalco durante i funerali di Isabella di Braganza e ci fu un primo restauro nel 1823 a cura del pittore Francesco Manno che sostanzialmente rifece tutta la cupola. Un secondo importante danneggiamento fu uno squarcio nella tela causato dallo spostamento d’aria seguito allo scoppio della polveriera di Monteverde il 23 aprile 1891: fu un boato tremendo e la conseguente onda d’urto fu di potenza tale che frantumò diversi vetri e sollevò una immensa nuvola di polvere. La tela della finta cupola rimase seriamente danneggiata dall’esplosione del 1891, e soprattutto lo rimase a lungo: pochi giorni dopo gli squarci vennero vennero velocemente rattoppati alla meno peggio e così rimasero per altri 70 anni circa, fino all’ultimo restauro del 1962, a cui la tela arrivò in condizioni davvero pietose, tanto che la relativa menzione come opera d’arte nelle guide turistiche era stata tolta da decenni.
Il momento critico del restauro del 1962 fu quello del calare a terra la tela senza danneggiarla: per l’operazione vennero chiamati all’opera di Vigili del Fuoco di Roma, che costruirono una intelaiatura circolare di ferro (del peso di 5400 kg) che tramite 16 verricelli azionati a mano da una squadra di 40 pompieri venne issata in 4-5 ore fino ad arrivare a contatto con la tela della finta cupola a 33 metri di altezza, a quel punto la vecchia intelaiatura di legno venne staccata dai supporti originali e venne adagiata sul nuovo telaio di ferro per essere calata a terra. Poi una volta restaurata la tela venne agganciata alla parte inferiore del telaio di ferro e issata nuovamente su a forza di braccia fino alla posizione originale.
saper distinguere tra illusione e realtà
L’illusione della costruzione dello spazio è un concetto importante, che si riconnette all’insegnamento gesuita del saper distinguere tra il punto di vista dell’opinione personale e “la verità” (almeno quella percepita) che dà certezza all’uomo, che gli conferma la sua vera posizione nello spazio. L’uomo nel suo cammino di vita deve sempre saper distinguere tra illusione e realtà, riconoscendo (e rifiutando) l’illusione del maligno.
Se ci si sposta in altre posizioni nella chiesa e si guarda nuovamente la cupola si capisce che è un’illusione. Ma al tempo stesso è una realtà: anche se è solo una tela prospettica, esiste realmente. Bisogna saper comprendere entrambi gli aspetti. Questo è anche il messaggio del gesuita Andrea Pozzo, basato sul concetto di discernimento elaborato da Sant’Ignazio di Loyola.
Più elaborato il messaggio nascosto nella volta affrescata:
la volta affrescata
L’altra grande opera di Andrea Pozzo nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma è la grande volta affrescata con il trionfo di Sant’Ignazio: un’opera di grande illusione prospettica in cui l’affresco prosegue illusoriamente le linee geometriche delle vere strutture architettoniche sottostanti fino a far sparire il soffitto in un’illusione a cielo aperto, focalizzato sulla figura del santo che dal suo cuore irradia un raggio di luce emesso da Gesù Cristo, raggio riflesso alle rappresentazioni allegoriche dei 4 continenti dove i Gesuiti operavano come missionari.
photocredit: LivioAndronico – licenza CC 4.0
Le allegorie e le simbologie nascoste nell’affresco sono molto interessanti: per un approfondimento rimando all’articolo sulla volta affrescata con il trionfo di Sant’Ignazio.
visitare la chiesa di Sant’Ignazio
Per preparare al meglio la visita alla chiesa di Sant’Ignazio a Roma rimando anche a questi altri articoli di approfondimento:
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