Guida alla scoperta e comprensione della chiesa di Sant’Ignazio a Roma:
- vita e storia di Sant’Ignazio
- breve storia di questa chiesa
- la finta cupola
- la volta affrescata
- il presbiterio
- i gesuiti illustri qui sepolti
- il trigramma IHS
- informazioni utili
- le file all’ingresso
- audioguide gratuite
- chi gestisce questo sito
- un’ultima riflessione importante
Alcuni di questi paragrafi rimandano ai relativi articoli di approfondimento.
Ricorda che questa è una CHIESA, un luogo di culto dove tutti sono ben accolti senza distinzioni, ma dove bisogna mantenere sempre un comportamento dignitoso, mettere il proprio smartphone in flying mode e rispettare il silenzio.
vita di Sant’Ignazio
Per dare un senso alla visita della chiesa di Sant’Ignazio a Roma bisogna conoscere la storia di Ignazio di Loyola, il fondatore dell’ordine dei Gesuiti. E la sua è una storia decisamente avvincente e per niente noiosa: il giovane Ignazio era dedito alla vita d’armi, interessato alla mondanità e attratto dalle donne, aveva mire molto ambiziose, fino a che una grave ferita ad una gamba che lo rese storpio per il resto della vita gli fece perdere tutte le sue ambizioni di potere e gloria, e in questo grave momento di crisi trovò una nuova direzione spirituale che lo portò poi alla sua santità e alla fondazione della Compagnia di Gesù. E’ una storia che vale la pena leggere.
Rubens – S.Ignazio di Loyola – opera di pubblico dominio
Rimando al mio articolo di approfondimento sulla vita di Sant’Ignazio, in cui riporto anche il link da cui scaricare gratuitamente il Pdf della sua autobiografia “Il racconto del pellegrino”.
breve storia di questa chiesa
La chiesa di Sant’Ignazio di Loyola in Campo Marzio a Roma nasce inizialmente come chiesa dell’adiacente Collegio Romano, il centro di formazione culturale e spirituale dei Gesuiti a Roma (vedere anche il paragrafo seguente) fondato nel 1551 dallo stesso Sant’Ignazio, oggi sede del Ministero dei Beni Culturali. L’attuale chiesa fu costruita a partire dal 1626 per volere di papa Gregorio XV, e finanziata dal cardinale Ludovico Ludovisi (nipote del suddetto papa), famoso collezionista di opere d’arte (in particolare dipinti rinascimentali). Sui “cardinali nipoti” vedere anche il paragrafo su Papa Paolo III nell’articolo dedicato alla vita di sant’Ignazio. In sua memoria questa chiesa è anche ricordata come Tempio Ludovisiano.
La chiesa doveva ricordare la figura di Sant’Ignazio, che era stato canonizzato solo pochi anni prima nel 1622, e promuovere l’opera dei Gesuiti nel mondo. Entrambe queste celebrazioni saranno poi riunite nell’affresco della volta centrale, ricco di interessanti simbologie.
Il risultato architettonico finale è imponente: una chiesa lunga 81 metri e larga 43, a croce latina, con sei cappelle distribuite sui due lati.
I lavori si protrassero a lungo tra varie vicissitudini, ma sono storie noiose e poco interessanti.
Più interessanti sono invece gli uomini che realizzarono la chiesa: il progetto fu affidato all’architetto (gesuita) Orazio Grassi, che oltre ad essere architetto era anche matematico e astronomo, ma il vero protagonista della chiesa è fratel Andra Pozzo, autore della finta cupola, della volta affrescata, degli affreschi sulle pareti del presbiterio e di altre opere d’arte nelle cappelle laterali.
la finta cupola
Entrando nella chiesa di Sant’Ignazio l’occhio del visitatore è inizialmente portato a focalizzarsi sulle opere del presbiterio (lo spazio liturgico attorno all’altare maggiore) e dell’abside (la parte terminale semicircolare che termina il presbiterio), anche queste opere di Pozzo, poi verso le volte affrescate, e poi inevitabilmente ci si concentra sulla “zona scura” nel mezzo, che si intuisce essere una cupola, buia perché non illuminata. Procedendo verso il centro della chiesa si visualizza meglio questa cupola:
Continuando ad avanzare nella navata principale si arriva in un punto, evidenziato da un disco dorato nel pavimento, da cui la visione della cupola è perfetta.
Però … guardando meglio, e in particolare continuando a spostarsi all’interno della chiesa, si capisce che la cupola è finta: è solo disegnata su una tela. Guardando bene la foto qui sopra si vedono anche le linee diagonali del nuovo telaio che la sostiene: il telaio è quello costruito e issato dai Vigili del Fuoco di Roma durante il restauro del 1962.
L’espediente della finta cupola non è stato realizzato solo “per risparmiare” sulla costruzione di una vera cupola: riflette anche il pensiero gesuita per cui saper distinguere tra illusione e realtà è necessario nella vita, non solo per sopravvivere, ma soprattutto per arrivare a conoscere e amare Dio (riuscendo a distinguere, e rifiutare, le illusioni del maligno).
la volta affrescata
I turisti fanno le due file, una fuori per entrare e l’altra dentro per lo specchio, per farsi un selfie sullo specchio che riflette la volta affrescata. E in effetti la volta affrescata con il trionfo di Sant’Ignazio è il vero capolavoro della chiesa.
photocredit: LivioAndronico – licenza CC 4.0
Per apprezzarla meglio è importante capirne il significato allegorico: rimando all’articolo di approfondimento sulla volta affrescata di Andrea Pozzo dove vengono spiegate tutte le simbologie nascoste nell’affresco.
il presbiterio
Il presbiterio è la parte della chiesa riservata al clero officiante (i presbiteri, termine oggi correntemente abbreviato in preti) ed è in fondo alla navata centrale, chiuso dall’abside. Come in quasi tutte le chiese l’occhio di chi entra viene subito portato al presbiterio, perché qui c’è l’altare centrale ed è quindi qui che l’attenzione deve essere diretta: l’altare è il luogo dove si celebra l’Eucaristia, il sacramento centrale della fede cattolica, e questa centralità teologica si riflette nella disposizione fisica dello spazio.
Anche gli affreschi dell’abside sono stati realizzati da Andrea Pozzo, e rappresentano i momenti fondamentali della vocazione di Sant’Ignazio: in particolare l’affresco centrale dietro l’altare rappresenta la visione de La Storta.
E sempre alla visione di Sant’Ignazio si riferisce la frase latina incorniciata sopra l’affresco centrale:
La frase “Ego Vobis Romae Propitius Ero”, che significa “Vi sarò propizio nel vostro viaggio a Roma”, è ciò che dice Dio quando appare a Ignazio di Loyola a La Storta (una località a pochi chilometri da Roma) per rassicurarlo sulla sua decisione di andare a Roma a rimettersi al volere del Papa. Vedere anche la vita di Sant’Ignazio.
i gesuiti illustri qui sepolti
Nella chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma sono sepolti diversi gesuiti, in particolare i tre più importanti sono: san Luigi Gonzaga, san Roberto Bellarmino, san Giovanni Berchmans.
A destra del transetto si trova uno splendido altare marmoreo progettato da Andrea Pozzo e dedicato a san Luigi Gonzaga: l’altorilievo in marmo della pala d’altare (realizzato da Pierre Legros) raffigura l’ascesa al cielo di san Luigi. Osservando meglio la scena si vede che il protagonista ha il volto di un ragazzo: Luigi Gonzaga morì infatti giovanissimo a soli 23 anni, ucciso dalla peste a Roma nel giugno del 1591.
Primogenito di Ferrante Gonzaga, marchese di Castiglione delle Stiviere (in provincia di Mantova, in Lombardia), Luigi era destinato ad ereditare il titolo del padre, venne quindi avviato alla vita militare, che però abbandonò giovanissimo per dedicarsi alla vita religiosa seguendo la sua vera vocazione. Nel 1585 all’età di 17 anni entrò nel noviziato della Compagnia di Gesù a Roma, dove studiò teologia e filosofia ed ebbe come insegnante e direttore spirituale San Roberto Bellarmino (anche lui sepolto in questa chiesa, ne parliamo dopo). Quando la peste colpì pesantemente Roma nel 1590-91 il giovane Luigi si dedicò all’assistenza dei malati, e venne contagiato lui stesso quando un giorno si caricò in spalla un povero appestato per portarlo all’ospedale: già malato e debilitato Luigi morì poco dopo. Fu beatificato 14 anni dopo la sua morte, canonizzato santo nel 1726, proclamato patrono della gioventù cattolica da papa Pio XI nel 1926, e nominato patrono dei malati di AIDS da papa Giovanni Paolo II.
Come si vede dalla foto la pala marmorea è incorniciata da una doppia coppia di colonne tortili, tipo di colonna presente in diverse chiese romane: si pensi ad esempio al baldacchino di San Pietro. Queste colonne tortili, o a spirale, hanno un significato importante sia dal punto di vista storico che simbolico: storicamente si rifanno alle colonne che adornavano l’ingresso del tempio di Gerusalemme, e per questo sono anche dette “colonne salomoniche” perché il tempio fu edificato nel X sec. a.C. da re Salomone, e sono usate per simbolizzare il legame tra l’antico e il nuovo testamento; ma la loro forma a spirale ascendente ha anche il significato simbolico dell’ascesa verso il divino, in cui il movimento ascendente verso il cielo indica la preghiera che crea una connessione tra il mondo terreno e il divino mondo celeste.
Sul timpano dell’altare ci sono due statue femminili in marmo: sono le figure allegoriche della Purezza (a destra) e della Penitenza (a sinistra). In basso c’è una preziosa urna funeraria che contiene le reliquie del santo, e ai lati dell’urna ci sono due statue di piccoli angeli: quello a sinistra ha ai suoi piedi una corona, che allude al titolo nobiliare a cui Luigi Gonzaga rinunciò per servire Cristo unendosi alla Compagnia di Gesù; l’angelo di destra ha in mano una corona di fiori e con il piede allontana un globo di lapislazzuli, simbolo delle glorie del mondo a cui Luigi rinunciò per seguire Cristo in povertà evangelica.
Nella cappella di san Gioacchino è invece sepolto san Roberto Bellarmino: cardinale che oggi viene ricordato principalmente per il suo coinvolgimento nei processi a Giordano Bruno e Galileo Galilei, ma che fu anche uno dei più importanti teologi cattolici del XVI secolo, una delle figure chiave della Controriforma (la risposta della Chiesa Cattolica alla riforma protestante), e fu soprattutto patrono degli studenti e catechisti. I Gesuiti lo ricordano per la sua dedizione ai poveri, per la sua carità, per la sua semplicità di vita, e soprattutto per il suo Catechismo che ha insegnato le verità fondamentali della fede a tante generazioni di bambini.
Il terzo importante santo gesuita sepolto nella chiesa di Sant’Ignazio a Roma è san Giovanni Berchmans: nome meno conosciuto rispetto a Bellarmino o Gonzaga, Giovanni Berchmans (1599-1621) fu un gesuita belga che visse una breve ma intensa vita di fede e spiritualità ispirata da San Luigi Gonzaga. Entrato nella Compagnia di Gesù, completò i suoi studi a Roma, dove morì giovane. Beatificato nel 1865 e canonizzato nel 1888, è ricordato per la sua gioiosa devozione e il realismo spirituale.
Il più recente tra i “gesuiti illustri” sepolti in questa chiesa è Felice Maria Cappello (1879-1962), gesuita e canonista italiano, è noto come “il confessore di Roma” per la sua instancabile dedizione al confessionale nella chiesa di Sant’Ignazio. Professore alla Pontificia Università Gregoriana, fu autore di numerosi articoli e opere di diritto canonico. Divenuto gesuita nel 1913, dedicò la sua vita alla misericordia e al consiglio spirituale. Beatificato nel 2014, è riconosciuto come Servo di Dio.
il trigramma IHS
In varie parti della chiesa si può vedere il trigramma IHS, simbolo che colpì moltissimo Sant’Ignazio tanto che lo stemma dei Gesuiti è questo trigramma coronato da un sole fiammeggiante. In particolare il trigramma è sormontato da una croce sulla H e ha tre chiodi sotto, come in questo stemma:
Il trigramma IHS è un modo molto antico di rappresentare il nome di Gesù: nei manoscritti antichi del Nuovo Testamento in greco il nome Gesù veniva spesso abbreviato con IHS, che sono le prime tre lettere (greche) di “Iesous”. Non dobbiamo quindi confonderci con le moderne lettere latine: “IHS” sono le lettere greche “iota – eta – sigma”, quindi la “H” centrale è la “eta” greca. Molto interessante il fatto che se invece si considerano IHS come tre lettere latine queste compongono un acrostico (quindi le iniziali di una frase) di significato profondamente cristiano: “Iesus Hominum Salvator”, che significa “Gesù salvatore degli uomini”. E questo concetto si ricollega al significato del nome ebraico di Gesù, che in lettere latine noi scriviamo “Yeshua”, trascrizione dell’ebraico ישוע (Yeshu’a), e che significa letteralmente “salvezza” (o meglio “colui che è salvezza”).
Questo trigramma-acrostico era molto usato nel medioevo, ad esempio era molto usato da San Bernardino da Siena, frate francescano che usava predicare tenendo in mano una tavola di legno con incise queste tre lettere. La coincidenza del trigramma del nome di Cristo (detto anche “Cristogramma”) e il riferimento a Gesù come il salvatore degli uomini colpì moltissimo sant’Ignazio, che lo usava spesso all’inizio delle sue lettere e che col tempo lo trasformò nella parte centrale del simbolo della Compagnia di Gesù.
La croce sovrapposta alla H simboleggia la crocifissione di Gesù, quindi il suo sacrificio salvifico per l’umanità, e la posizione centrale della croce sulla lettera H sottolinea l’importanza della morte (e resurrezione) di Gesù come elemento centrale della fede cristiana.
I tre chiodi richiamano conseguentemente i chiodi che furono usati per fissare Gesù alla croce: rappresentano dunque la sofferenza che Gesù ha patito per l’umanità, e di conseguenza servono come richiamo per i fedeli a meditare sul sacrificio di Gesù e a vivere secondo i suoi insegnamenti. I tre chiodi simboleggiano anche i tre aspetti della natura di Cristo: divina, umana e messianica.
Con tutta questa sua importanza simbolica il trigramma IHS con croce e chiodi è dunque collocato in luoghi di rilievo nelle chiese dei gesuiti, ad esempio vicino agli altari, per sottolineare l’importanza di questo simbolo per l’Ordine e la sua centralità nella loro fede. È un simbolo che li rappresenta come ordine religioso e li unisce nella loro missione di diffondere il Vangelo.
informazioni utili
Sulle informazioni pratiche utili alla visita della chiesa di Sant’Ignazio ho pubblicato un intero articolo di approfondimento, a cui rimando (a questo link), ma intanto qui riepilogo brevemente i punti più importanti:
- non bisogna pagare nulla per entrare: ingresso libero
attenzione ai truffatori che fuori ogni tanto chiedono soldi a nome della chiesa
sono invece apprezzate le offerte spontanee: basta una monetina nelle cassette apposite
- la chiesa è aperta tutti i giorni dalle 9:00 alle 23:30, orario continuato
- non visitare la chiesa durante le messe (18:30 tutti i giorni, e 11:30 la domenica)
- una o due volte al mese i gesuiti organizzano visite guidate gratuite
ma è difficile che un turista si trovi lì proprio in quei rari momenti
altrimenti bisogna pagare una guida autorizzata, o usare le audioguide gratuite
Vedi anche le altre informazioni utili alla visita della chiesa di Sant’Ignazio.
le file all’ingresso
Spesso quando si arriva alla chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma si trova un fila di turisti all’ingresso. Una fila che può essere più o meno lunga, e a volte è davvero molto lunga. In questi casi il mio consiglio è di provare a ripassare più tardi: il numero di persone in fila in un dato momento è sostanzialmente casuale, e magari anche solo mezz’ora dopo ce ne sono molte meno. Nel frattempo si possono visitare i tanti monumenti e luoghi di interesse nei dintorni.
Poi una volta entrati quasi tutti i turisti fanno una seconda fila: quella per farsi le foto allo “specchio magico” che riflette in modo scenografico l’immagine della volta affrescata con il trionfo di Sant’Ignazio (vedere paragrafi seguenti).
Vedere anche il mio articolo di approfondimento sulle file a Sant’Ignazio.
audioguide gratuite
Un possibile modo di visitare e apprezzare meglio la chiesa di Sant’Ignazio di Loyola è quella di visitarla ascoltando delle audioguide gratuite, che però al momento non sono state prodotte da nessuno. Mentre stavo preparando la pubblicazione di questo sito mi è dunque venuto in mente che potrei pubblicarne io alcune, ma è uno sforzo notevole che richiederà molto tempo. Considerando in particolare che, se lo faccio, vorrei distribuirle in una decina di lingue per poter servire i numerosi turisti stranieri che ogni giorno visitano la chiesa: guide e spiegazioni sono soprattutto utili per gli stranieri, specialmente per quelli di culture diverse e di fede non cristiana cattolica.
Prima di farlo devo però valutare se saranno di interesse e a quante persone eventualmente interesseranno: se tu sei interessato scrivimi una email a
E spiegami perché sei interessato e cosa ti piacerebbe scoprire di questa chiesa.
Se le pubblico saranno audioguide assolutamente gratuite: credo fermamente che la conoscenza per quanto possibile debba essere distribuita gratuitamente a tutti. Anche nelle piccole cose come delle semplici audioguide. Se poi saranno apprezzate sarei molto contento se qualche turista donasse qualcosa a progetti di sostegno ai poveri. Io che sono orfano ho in programma di avviare nel prossimo futuro qualche piccolo progetto di sostegno agli orfani: se qualcuno ogni tanto donasse qualcosa a questi progetti, anche solo un euro o cinquanta centesimi, mi farebbe molto piacere. Ovviamente senza nessun obbligo: offerta libera, solo se vuoi. E solo per aiutare chi ha bisogno: io non ci voglio guadagnare niente.
Fatemi sapere che ne pensate.
ma chi gestisce questo sito?
In fondo a tutte le pagine di questo sito è ben specificato che questo sito è gestito in modo indipendente e non è affiliato in alcun modo con l’Ordine dei Gesuiti, la Chiesa di Sant’Ignazio di Loyola, la relativa parrocchia o la Diocesi di Roma. Per informazioni ufficiali si prega di consultare direttamente le fonti ufficiali della Diocesi di Roma o all’Ordine dei Gesuiti.
Questo dominio molti anni fa era gestito dai Gesuiti come sito ufficiale della chiesa di Sant’Ignazio di Loyola a Roma, poi però è stato abbandonato. Nel 2023 l’ho rilevato e nel 2024 l’ho messo nuovamente online pubblicandovi una guida gratuita per i turisti, traducendo le pagine in più lingue, tutto a mie spese e senza fini di lucro.
Ho fatto la stessa cosa con altri siti dedicati ad altre importanti cattedrali italiane.
Non lo faccio per evangelizzare il mondo: non sono affatto un bigotto integralista cattolico, anzi, tutt’altro. Io sono ghibellino, quindi sono contrario al potere temporale della Chiesa: detto in parole povere penso che i preti si debbano occupare solo della spiritualità e del difficilissimo compito della salvezza delle anime, senza cadere nelle complicazioni del potere temporale, quindi nelle distrazioni del controllo su territori denaro e politica (tipo lucrare sui santi e sul Giubileo, coniare monete, emettere francobolli, chiamare la propria banca “Istituto per le Opere di Religione” e poi gestire immoralmente patrimoni stratosferici, ecc.).
N.B. Essendo romano per Chiesa intendo sempre la “Chiesa Cattolica Romana”, da non confondersi con la comunità dei credenti.
Questa non vuole essere affatto una critica all’Ordine dei Gesuiti, la cui notevole opera nel mondo stimo e rispetto. Ma i Gesuiti hanno fatto voto di totale obbedienza al papa, quindi non hanno la libertà di parola che posso avere io da comune cittadino.
Inoltre faccio tutto questo per provare a portare l’attenzione su un argomento importante oggi volutamente trascurato: il difficile rapporto dell’uomo moderno con il trascendente.
Rapporto ormai quasi del tutto perso perché volutamente non coltivato, ma ad ogni modo necessario per dare un senso alla propria vita. E ritengo utile che ci siano indipendenti voci laiche, ma non estranee alla cultura cristiana, che prendano posizione in merito.
Si può benissimo non credere come credeva Sant’Ignazio, si può anche non credere a tutto quello che sta scritto nella Bibbia e nei Vangeli, ma questo non significa automaticamente non credere più in Dio, non credere più in nulla. Semplificando con “Dio” un concetto che va oltre l’umana capacità di comprensione, e quindi quasi impossibile da esprimere compiutamente, ma con cui bisogna prima o poi confrontarsi, qualsiasi sia la nostra cultura e il nostro credo.
L’uomo che non crede più in nulla cosa può diventare?
Questo ci porta ad un’ultima riflessione importante.
un’ultima riflessione importante
Chiudo questa guida alla visita della chiesa di Sant’Ignazio con una riflessione importante: un invito a fare qualcosa di diverso. Quasi tutti quelli che entrano in questa chiesa sono turisti che hanno trovato sui social o sulle guide turistiche il consiglio di venire qui a farsi un selfie sullo “specchio magico” che riflette la splendida volta affrescata. Bene. Il bello e l’arte fanno sempre bene all’animo umano. Ma prima di andare a metterti in fila per le foto allo specchio ti invito a sederti su uno dei banchi, riposarti un attimo (Roma stanca chi la visita), e cogliere l’occasione per chiedere a te stesso: che significa tutto questo? Questo splendore barocco, questa enorme chiesa piena di opere d’arte. Perché? Perché hanno speso tante energie (e tanto denaro) per costruirla? Guardati intorno. E pensa. Non c’è nessuna risposta giusta da dare. Guardati semplicemente intorno. E rifletti.
La chiesa è il luogo costruito dall’uomo per incontrare Dio. Anche se non credi in Dio, anzi soprattutto se non credi in Dio, siediti su uno dei banchi e guardando questa chiesa chiediti: com’è nato l’universo? Com’è nata la vita? E’ solo un processo chimico fisico o c’è qualcosa di più? Esiste davvero qualche indefinibile e inconoscibile forza creatrice, che noi per semplicità chiamiamo “Dio”, o sono tutte balle e non c’è niente? E comunque: cosa c’è dopo la morte?
Non c’è nessuna risposta giusta da dare.
Nessuno conosce la risposta giusta.
Ma essenziale cercare queste risposte.
E le chiese sono il luogo giusto dove porsi queste domande.
Soprattutto per chi non crede. Te lo dico per esperienza.
Questa chiesa forse è troppo barocca, troppo affollata di turisti, troppo rumorosa, ma anche la magnificenza del barocco può aiutare uno spunto di riflessione.
Non lasciare che il turismo superficiale ti distragga dalle cose importanti della vita. Chi ti suggerisce di farti il selfie allo specchio magico presentando questa chiesa come un ameno luogo di credenze superate, da usare oggi solo come sfondo per foto da condividere sui social, non lo dice in modo oggettivo e disinteressato: vuole che tu NON pensi alle cose importanti della vita. Se non pensi sarai più debole e manipolabile, e quando sarai triste ti suggeriranno di comprarti qualcosa su Amazon per sentirti meglio.
Con questo non dico di seguire le orme di Sant’Ignazio o di credere ciecamente a quello che dicono i Gesuiti, ma per ognuno di noi è fondamentale riflettere su questi temi. Ognuno troverà nel suo cuore una sua propria risposta: l’importante è pensarci, almeno ogni tanto.
Puoi quindi provare a sederti sui banchi, fare un respiro profondo, e riflettere su cosa pensi tu.
Dopo puoi anche andare a farti il selfie allo specchio.
Sarà una bella foto, un bel ricordo.
Ma con qualche momento di riflessione prima magari la foto sarà più significativa.
Lo ripeto: non voglio convertire nessuno: io sono ghibellino.
Ma io credo fortemente in alcuni ideali.
E sono sicuro di una cosa: alla fine tutti noi dobbiamo morire.
Prima o poi alcune domande bisogna porsele. Meglio prima che poi.
Ognuno di noi deve credere in qualcosa di significativo.
Grazie per aver letto fino a qui.
Altri articoli sulla chiesa di Sant’Ignazio a Roma:
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Sono un ingegnere appassionato di viaggi, storia, cultura e tecnologia. Pubblico online una serie di siti internet su diversi temi: Intelligenza Artificiale, religione, viaggi, consigli per acquisti consapevoli, riflessioni sul futuro della società umana.
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